Oh, ma bravo, signor barbiere, ma bravo!
Eh, niente affatto, scusi, sono debole.
Ebbene, guidone, che vieni a fare?
Oh, bella, vengo a farvi la barba, oggi vi tocca.
Oggi? Non voglio.
Oggi non vuol, domani non potrò io.
Perché? Perché ho da fare a tutti gli ufficiali del nuovo reggimento, barba e testa,
alla Marchesa Andronica, il biondo parrucchinco, i marronè, al contino Bombè, il ciuffo campanile,
furgante all'avvocato Bernardone, che ieri si ammalò d'indigestione.
E poi, e poi, che serve? Domani non posso.
Orsù meno parole, oggi non vuol far barba?
No, lo spesso, guardate che avventori!
Vengo stamane in casa dell'inferno, ritorno dopo pranzo, oggi non voglio.
Ma che m'avete preso per un qualche barbiere da contadini?
Siamate pure un altro.
Io me ne vado, che serve? A modo suo, vedi che fantasia.
Va in camera a pigliar la biancheria.
No, vado io stesso.
Ah, se mi dava in mano il mazzo delle chiavi, ero a cavallo.
Dite, non è tra quelle la chiave che apre quella gelosia?
Sì, certo, è la più nuova.
Oh, son pur buono a lasciar qua quel diavolo di barbiere.
Animo, va tu stesso, passato il corridor, sopra l'armadio, il tutto troverai.
Bada!
Bada, non toccar nulla.
Eh, non son matto.
Allegri.
Vado e torno.
Fatto.
E quel bricon che al conte ha portato il biglietto di Rosina mi sembra un imbroglion di prima sfera.
Eh, a me non me la ficca.
Ah, disgraziato me!
A te rumore.
Oh, che bricon, me lo diceva il cuore.
Quel figaro è un gran duomo, or che siamo soli di te, mio cara.
Il vostro è il mio destino, d'unir siete contenta, franchetta.
Ah, mio lindono, altro io non bramo.
Ebbene.
Tutto m'ha rotto, sei piatti, otto bicchieri, una terrina.
Vedete che gran cosa, ad una macchiave che io non m'attaccava per fortuna, per quel maledettissimo corridor così oscuro,
spettato mi darei la testa al muro, tiene ogni istante al buio, e poi, e poi...
Oh, non più.
Dunque andiamo.
Giudizio?
A noi.